I coniugi Marina e Leo, negli anni 2008-2009, hanno entrambi perso la loro occupazione a causa del fallimento delle società presso cui lavoravano. Da allora Leo ha lavorato saltuariamente fino a quando è stato assunto nel 2020 da una cooperativa presso cui presta la sua opera tuttora.
Marina invece dal 2010 al 2016 ha lavorato saltuariamente e dal 2017 è disoccupata.
A causa della perdita del lavoro e delle successive difficoltà a trovare una nuova occupazione, i coniugi non hanno più potuto pagare regolarmente le rate del mutuo sottoscritto nel 2006 per l’acquisto della casa di abitazione.
Conseguentemente, la banca titolare del mutuo, a settembre 2013, notificava ai mutuatari atto di precetto al quale è seguito atto di pignoramento immobiliare, per cui veniva iscritta presso il tribunale la procedura esecutiva immobiliare.
La procedura esecutiva si concludeva con la vendita dell’immobile ma, nonostante questo, la banca vantava ancora un credito di 89.541,59 euro che è stato successivamente ceduto ad una società di recupero crediti.
Questa società, limitatamente alla somma di 50.000 euro e senza rinuncia al maggior credito vantato per il quale si è riservata di agire nel proseguo, ha notificato atto di pignoramento presso terzi al datore di lavoro di Leo.
Leo però, unico percettore di reddito della famiglia da ormai sei anni, dovendo far fronte alle spese familiari (nucleo composto dai coniugi e da tre minori) e della casa ottenuta in locazione, è già in difficoltà per il pagamento delle spese condominiali e comunali (per imposte, mensa scolastica, ecc.) e certamente non può economicamente sostenere la riduzione del proprio stipendio nella misura del quinto a seguito del pignoramento effettuato.
Da qui la decisione di avviare, grazie ai consulenti della rete Riparto, una procedura per la composizione delle crisi da sovraindebitamento.