Il Codice della crisi e dell’insolvenza, dopo numerosi rinvii, entrerà finalmente in vigore il prossimo 15 luglio, segnando il tramonto della vecchia legge fallimentare.
Il codice sarebbe dovuto entrare in vigore a settembre 2020 ma la crisi conseguente alla pandemia ha reso necessario un rinvio per evitare che alcuni strumenti centrali quali le misure di allerta dirette a prevenire la crisi delle imprese potessero avere effetti negativi.
Accanto alle procedure dirette a regolare la gestione della crisi delle imprese di maggiori dimensioni, nel Codice sono oggi contenute le norme che prevedono le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento per i consumatori e per le piccole imprese, imprese agricole, start-up, professionisti, in precedenza inserite nella legge 3/2012.
Il Codice della crisi ha previsto una serie di disposizioni dirette a facilitare la soluzione delle crisi da sovraindebitamento per superare gli ostacoli ed i problemi sorti nell’applicazione della precedente disciplina.
La maggior parte delle novità che riguardano il sovraindebitamento (procedure familiari, esdebitazione dell’incapiente, inammissibilità delle procedure solo in caso di colpa grave e non di semplice colpa del debitore) introdotte con il codice della crisi sono state anticipate con il D.L. Ristori e sono in vigore dal dicembre 2020.
Il Codice della Crisi introduce tuttavia alcune importanti novità anche in materia di sovraindebitamento del consumatore e delle piccole imprese.
Innanzitutto cambiano i nomi delle procedure: il piano del consumatore diventa la procedura di ristrutturazione dei debiti, l’accordo per la ristrutturazione dei debiti diventa il concordato minore, la liquidazione del patrimonio, la liquidazione controllata.
Il Consumatore non può più proporre una proposta di accordo di composizione della crisi in quanto le uniche due procedure alle quali può accedere sono la ristrutturazione dei debiti e la liquidazione controllata. Con la ristrutturazione il debitore fa una proposta a contenuto libero (riduzione o dilazione dei propri debiti), diretta a rendere sostenibili i propri debiti in ragione del proprio patrimonio, delle entrate e delle esigenze di sostentamento del proprio nucleo familiare e delle prospettive per i creditori in caso di liquidazione.
Le imprese e i professionisti possono invece ricorrere al concordato minore ed alla liquidazione controllata. Il concordato minore è una proposta di soddisfacimento parziale o totale dei debiti a contenuto libero che di regola deve consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale (“concordato in continuità”, diretto a salvare le attività imprenditoriali). Tale concordato può invece prescindere dalla continuazione delle attività ed avere anche funzione di liquidazione del patrimonio qualora sia previsto l’apporto di risorse da parte di terzi che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
La liquidazione controllata è la procedura che forse vede le principali novità. Innanzitutto quando la situazione di crisi è grave e il debitore versa in uno stato di insolvenza, ovvero non è più in grado di pagare i propri debiti, e questi superano i 20.000,00 euro, la domanda può essere proposta non solo dal debitore, ma anche dai creditori e, per le imprese, dal pubblico ministero.
La novità principale riguarda però l’esdebitazione, ovvero la possibilità per il debitore di ottenere la liberazione dai propri debiti che non sia possibile soddisfare con la liquidazione del proprio patrimonio. L’esdebitazione oggi può essere richiesta non solo dalle persone fisiche ma anche dalle società e dalle persone giuridiche. Il codice prevede inoltre che l’esdebitazione operi di diritto a seguito della chiusura della liquidazione controllata o dopo tre anni dalla sua apertura qualora la procedura non sia terminata. Non sarà quindi più necessario attendere la chiusura della procedura che, nelle situazioni più complesse, può durare molti anni, impedendo una più immediata ripartenza del debitore, liberato dai debiti.
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